lunedì 22 gennaio 2018

Ernest Shackleton: colui che si sacrificò per l’equipaggio




Ernest Shackleton iniziò il suo pazzesco viaggio con un annuncio ben poco invitante nel 1914, su un giornale londinese
Cercasi equipaggio per viaggio pericoloso: paga misera, freddo intenso, lunghi mesi di oscurità totale e ritorno non garantito”
Tra oltre 5000 uomini lui ne scelse 56. La nave era la Endurance. Il suo scopo: attraversare l'Antartide a piedi. Tuttavia non fu il suo primo viaggio, ne fece un altro, sempre  in Antartide ma dovette tornare indietro senza successo.
Nato nel 1874, Shackleton era un uomo che aveva a cuore la  vita del suo  equipaggio più che la sua  stessa vita. Inizialmente faceva parte della Marina Mercantile che abbandonò dopo avere sposato  Emily Dorman  per dedicarsi all’esplorazione.
Queste sono le parole di Shackleton con le quale descrive il suo sogno:
Dopo la conquista del Polo Sud da parte di Amundsen che, per pochi giorni, aveva preceduto la spedizione britannica di Scott, restava una sola grande impresa dell’esplorazione antartica — l’attraversamento del continente bianco da mare a mare.
Dopo che  Shackleton trovò i finanziamenti per  la spedizione,  la Endurance partì il 9 agosto 1914 da Plymouth. Durante il viaggio fecero tappa a Buenos Aires e poi a Grytviken  nella Georgia del Sud, solo che a causa di un problema dovettero aspettare fino al 5 dicembre per poter ripartire.  Si spinsero sempre più a Sud. Quando iniziarono ad incontrare i primi ghiacciai Shackelton sapeva che la nave era in grado di arrivare fino al punto prestabilito.
L’avanzata verso Sud si fece sempre più complicata, a metà gennaio del 1915 spesso lo scafo della nave rimaneva bloccato tra i ghiacci e si doveva solo attendere, la nave poteva raggiungere giornalmente solo una determinata distanza.
Il 19 gennaio 1915 Shackleton si ritrovò bloccato tra i ghiacci e scrisse:
 La nostra posizione al mattino del 19 era lat. 76°34´S., long. 31°30´O. Il tempo era buono, ma era impossibile avanzare. Durante la notte il ghiaccio aveva circondato la nave e dal ponte non era possibile vedere mare libero.
La Endurance era totalmente bloccata tra i ghiacci, ormai era inevitabilmente alla deriva, sarebbero quindi stati costretti a passare le notti successive  sul ghiaccio: solo Shackleton e pochi altri compagni sapevano quel che sarebbe successo di lì a breve.
Datemi Scott a capo di una spedizione scientifica, Amundsen per un raid rapido ed efficace, ma se siete nelle avversità e non intravedete via d’uscita inginocchiatevi e pregate Dio che vi mandi Shackleton  
Raymond Priestley


Shackleton ormai pienamente cosciente della situazione scrisse:
Il primo maggio diciamo addio al sole ed entriamo nel crepuscolo che sarà seguito dall’oscurità del pieno inverno. Il sole, grazie alla rifrazione rischiara l’orizzonte da mezzogiorno sino alle 2.”.
Proprio il 24 Ottobre la Endurance si ritrovò stritolata dai ghiacci della banchisa, la nave stava venendo distrutta e Shackleton il 27 ottobre diede l’ordine di abbandonare la nave:
… nell’Endurance avevo riposto ambizione, speranza e desiderio. Adesso, gemendo e stridendo, mentre i suoi legni si spezzano e le sue ferite sanguinano, sta lentamente morendo, proprio ora che la sua carriera era appena iniziata.
L’equipaggio doveva solo svuotare la nave che si inabissò poi il 15 novembre 1915. Decisero di usare 3 scialuppe di salvataggio per raggiungere L’isola Elephant mentre il resto dell’equipaggio restava su un lastrone chiamato Patience Camp.
Shackleton ordinò di rinforzare le scialuppe rendendole impermeabili per poi partire per l’isola Elephant. Intanto l’equipaggio rimasto sulla banchisa si ritrovò costretto a uccidere e mangiare i cani da slitta; intanto Shackleton si ritrovò ad affrontare onde di circa 7 metri, quando arrivarono sull’isola capirono che nessuno li poteva salvare, ripresero quindi le scialuppe e si avviarono verso la Georgia del Sud distante 1300km. Ernest e i suoi due uomini riuscirono ad attraversare 30 miglia di montagne per poi giungere alla base balneare di Stromness.
Partì dalla base 30 agosto 1916 e riuscì a raggiungere tutti i suoi compagni sulla nave militare cilena Yelcho. Shackleton  riuscì quindi a ritrovare tutti i suoi compagni e a salvarli.
L’impresa sarebbe stata vana se non per il coraggio e l’eroismo di Shackleton che, al contrario di un certo Capitan “Chissenefregadellequipaggio” Schettino, mise a rischio la sua vita e la missione per la vita dell’equipaggio.

Luca Gigli 3^B

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