Ernest
Shackleton iniziò il suo pazzesco viaggio con un annuncio ben poco invitante
nel 1914, su un giornale londinese
“Cercasi
equipaggio per viaggio pericoloso: paga misera, freddo intenso, lunghi mesi di
oscurità totale e ritorno non garantito”
Tra oltre 5000 uomini lui ne scelse 56. La
nave era la Endurance. Il suo scopo: attraversare l'Antartide a piedi. Tuttavia
non fu il suo primo viaggio, ne fece un altro, sempre in Antartide ma dovette tornare indietro
senza successo.
Nato nel 1874, Shackleton era un uomo che
aveva a cuore la vita del suo equipaggio più che la sua stessa vita. Inizialmente faceva parte della
Marina Mercantile che abbandonò dopo avere sposato Emily Dorman
per dedicarsi all’esplorazione.
Queste sono le parole di Shackleton con le
quale descrive il suo sogno:
“Dopo la conquista
del Polo Sud da parte di Amundsen che, per pochi giorni, aveva preceduto la
spedizione britannica di Scott, restava una sola grande impresa dell’esplorazione
antartica — l’attraversamento del continente bianco da mare a mare.”
Dopo che
Shackleton trovò i finanziamenti per
la spedizione, la Endurance partì
il 9 agosto 1914 da Plymouth. Durante il viaggio fecero tappa a Buenos Aires e
poi a Grytviken nella Georgia del Sud,
solo che a causa di un problema dovettero aspettare fino al 5 dicembre per
poter ripartire. Si spinsero sempre più
a Sud. Quando iniziarono ad incontrare i primi ghiacciai Shackelton sapeva che
la nave era in grado di arrivare fino al punto prestabilito.
L’avanzata verso Sud si fece sempre più
complicata, a metà gennaio del 1915 spesso lo scafo della nave rimaneva
bloccato tra i ghiacci e si doveva solo attendere, la nave poteva raggiungere
giornalmente solo una determinata distanza.
Il 19 gennaio 1915 Shackleton si ritrovò bloccato tra i
ghiacci e scrisse:
“La nostra posizione al mattino del 19 era lat. 76°34´S.,
long. 31°30´O. Il tempo era buono, ma era impossibile avanzare. Durante la
notte il ghiaccio aveva circondato la nave e dal ponte non era possibile vedere
mare libero.”
La Endurance era totalmente
bloccata tra i ghiacci, ormai era inevitabilmente alla deriva, sarebbero quindi
stati costretti a passare le notti successive
sul ghiaccio: solo Shackleton e pochi altri compagni sapevano quel che
sarebbe successo di lì a breve.
“Datemi Scott a capo di una spedizione
scientifica, Amundsen per un raid rapido ed efficace, ma se siete nelle
avversità e non intravedete via d’uscita inginocchiatevi e pregate Dio che vi
mandi Shackleton”
Raymond Priestley
Shackleton
ormai pienamente cosciente della situazione scrisse:
“Il primo
maggio diciamo addio al sole ed entriamo nel crepuscolo che sarà seguito
dall’oscurità del pieno inverno. Il sole, grazie alla rifrazione rischiara
l’orizzonte da mezzogiorno sino alle 2.”.
Proprio il 24 Ottobre la
Endurance si ritrovò stritolata dai ghiacci della banchisa, la nave stava
venendo distrutta e Shackleton il 27 ottobre diede l’ordine di abbandonare la
nave:
“…
nell’Endurance avevo riposto ambizione, speranza e desiderio. Adesso, gemendo e
stridendo, mentre i suoi legni si spezzano e le sue ferite sanguinano, sta
lentamente morendo, proprio ora che la sua carriera era appena iniziata.”
L’equipaggio doveva solo
svuotare la nave che si inabissò poi il 15 novembre 1915. Decisero di usare 3
scialuppe di salvataggio per raggiungere L’isola Elephant mentre il resto
dell’equipaggio restava su un lastrone chiamato Patience Camp.
Shackleton ordinò di rinforzare
le scialuppe rendendole impermeabili per poi partire per l’isola Elephant. Intanto
l’equipaggio rimasto sulla banchisa si ritrovò costretto a uccidere e mangiare
i cani da slitta; intanto Shackleton si ritrovò ad affrontare onde di circa 7
metri, quando arrivarono sull’isola capirono che nessuno li poteva salvare,
ripresero quindi le scialuppe e si avviarono verso la Georgia del Sud distante
1300km. Ernest e i suoi due uomini riuscirono ad attraversare 30 miglia di
montagne per poi giungere alla base balneare di Stromness.
Partì dalla base 30 agosto 1916
e riuscì a raggiungere tutti i suoi compagni sulla nave militare cilena Yelcho.
Shackleton riuscì quindi a ritrovare
tutti i suoi compagni e a salvarli.
L’impresa sarebbe stata vana se
non per il coraggio e l’eroismo di Shackleton che, al contrario di un certo
Capitan “Chissenefregadellequipaggio” Schettino, mise a rischio la sua vita e
la missione per la vita dell’equipaggio.
Luca Gigli 3^B
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