La
Divina Commedia, come tutti sanno, è
un’opera dantesca molto famosa e ricca di significati espliciti ed impliciti,
letterali ed allegorici. Una parte densa di significato è l’arrivo di Dante
nell’ottavo cerchio dell’Inferno, dove incontra Ulisse. L’eroe troiano racconta
del suo ultimo viaggio, che lo portò oltre i confini della terre conosciute e
verso la morte (secondo la versione ovidiana considerata da Dante). Il motivo
per il quale Ulisse intraprese nuovamente le vie del mare fu la sete di conoscenza. Egli si rivolse al suo equipaggio, infatti,
così dicendo
O frati, dissi, che per cento
milia perigli siete giunti a l’Occidente, a questa tanto picciola vigilia d’i
nostri sensi ch’è del rimanente, non vogliate negar l’esperienza di retro al
sol, del mondo sanza gente. Considerate la vostra semenza: fatti non foste a
viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza
Con queste parole Dante vuole farci capire
la differenza tra l’uomo e gli animali: la voglia di conoscere, che dovrebbe
ispirare tutte le persone ed essere da modello, l’intelligenza per capire il
mondo e la curiosità per spingersi oltre i limiti del sapere. L’audacia
dell’eroe omerico è paragonata al volo di un uccello (gabbiano, airone, ecc…)
che in totale libertà sorvola il mondo, lo osserva, lo scruta, ne subisce il
fascino. Ulisse è un uomo audace, furbo, ma soprattutto curioso; è proprio
questa curiositas che ci fa umani e
che ci spinge ad andare, sempre e comunque, oltre i limiti mentali, attivando
sia la capacità esplorativa che quella, in certi casi, immaginifica.
Masala
Camilla
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