Sono sulla nave di
Ulisse, il mare è calmo, da pochi giorni abbiamo abbandonato la città di Troia
lasciandoci alle spalle la guerra e con il solo desiderio di ritornare a casa
per riabbracciare le nostre famiglie. Sono riuscito a sopravvivere dieci anni grazie
al nostro sovrano Ulisse che con la sua furbizia e intelligenza è riuscito a
salvarci tutti durante questa lunga guerra. Ora sto navigando sul mare, calmo e
sereno; vedo Ulisse parlare con alcuni dei miei compagni, ed anche lui non vede
l’ora di riabbracciare la sua famiglia. È ormai pomeriggio, non ancora notte,
ma si vede un tramonto color arancio, giallo e un po’ di violaceo qua e là.
Tutti noi navigavamo con tanta fame e la stanchezza si fa sentire man mano che
passava il tempo. Ad un certo punto sento una scia di vento sfiorarmi la pelle,
un soffio di vento congelante, allora girandomi di scatto, sentì dietro di noi
un forte gelo, perché l’acqua faceva una patina molto sottile che sembrava
ghiaccio, allora mi misi a correre verso Ulisse per avvertirlo di quello che
sta accadendo: -Ulisse, dietro di noi il mare calmo diventa ghiaccio, e con la
paura che potrebbe nuocere, sono venuto ad informarla di quello che potrà
succedere a voi, ma soprattutto a noi, che non abbiamo la vostra forza e la
vostra resistenza.- Lui mi rispose subito: -Tranquillo, non mi sembra niente di
così tenebroso, forse è meglio se ora facciamo anche una pausa per mangiare e
riposarci per poi riprende il viaggio con lo stomaco pieno-. Allora io con più
tranquillità mi rimetto al mio posto e continuo a remare. Stiamo navigando sul
Mar Mediterraneo . Ulisse decide di fare una tappa, arriviamo in Tracia, la
terra dei Ciconi, dove combattiamo contro il popolo. Dopo essere ripartiti, una
grossa tempesta ci scaglia, insieme alla nave, nella terra dei Lotofagi, dove
noi abbiamo mangiato un’erba che ci ha fatto dimentica la patria e il nostro
Re, Ulisse, ci ha aiutato a ritornare alla nave e riprendere il viaggio.
Successivamente arriviamo in Italia,
nella terra dei Ciclopi, lì, all’interno di una grotta, incontriamo Polifemo, un grande ciclope che
viveva in una grotta da solo. Entriamo nella grotta e non c’è nessuno, ci sono
solo tante stalle vuote però. Dopo qualche minuto Ulisse ha sentito dei rumori
e subito Polifemo entra nella grotta, fa rientrare tutte le caprette e le
pecorelle nelle stalle e si mette a sedere. Accorto non si era accorto di noi,
ma quando si gira verso la parete più buia della sua grotta ci vede, ha un solo
occhio enorme come tutto il suo corpo, e
appena ci vede inizia ad urlarci, dicendoci cose un po’ brutte e ci insulta.
Alcuni dei compagni, li prende, li squarta e se li mangia. Allora Ulisse, uomo
molto furbo, gli viene in mente un’idea: all’interno della grotta c’è un tronco
appuntito, e pensa: “se prepariamo del vino con l’uva che si trova sulle
mensole e lo facciamo ubriacare, lo si addormenterà e poi lo accecheremo con
quel bastone, così fece. La mattina seguente Polifemo, anche se non ci vede
più, deve portare comunque fuori il gregge, allora Ulisse ci lega tutti sotto
le pecore e appena usciti torniamo sulla nave e continuiamo il nostro viaggio.
Facendo questo gesto Poseidone il dio del mare e padre di Polifemo si adira e
ci ostacolo il viaggio. Poi abbiamo incontrato il dio dei venti, che ha
consegnato ad Ulisse un’otre che
conteneva tutti i venti contrari alla navigazione; ma giunti quasi ad
Itaca alcuni uomini dell’equipaggio compreso io, abbiamo aperto l’otre e
scatenato una tempesta che ci porta lontani da Itaca. A questo punto ho pensato
che nemmeno io ce l’avrei fatta a sopravvivere ma stavo lottando per riuscirci
e infatti fu così, infatti se fossi morto come gli altri non sarei qui a
descrivere questa indimenticabile avventura con il nostro Re Ulisse e tutti i
miei compagni che purtroppo non ce l’hanno fatta.
Di Alice Pagliarini I B
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