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martedì 12 maggio 2015

Dante e la politica odierna


Vi invio il tema scritto da Chiara Cirucca vostra ex alunna che frequenta il liceo Classico Chris Cappell College 3C. La traccia richiedeva di mettere a confronto il sesto canto dell’inferno e la politica odierna

Il  sesto canto dell’Inferno della Divina Commedia inizia con Dante che si riprende dallo svenimento dopo aver parlato con i due cognati Paolo e Francesca e già, mentre ancora è confuso dalla tristezza e l'angoscia per quegli sventurati, vede nuovi dannati e nuove pene tutto intorno a sé. I dannati che troviamo in questo girone sono i golosi, persone che in vita hanno peccato per eccesso di gola,  e che sono puniti da una pioggia incessante e immersi in un fango putrido. A guardia di questi dannati c’è Cerbero, mostro mitologico già presentato da Virgilio nell’Eneide e da Ovidio nelle Metamorfosi, che Dante trasforma in una figura ibrida a metà tra una bestia demoniaca e un essere umano. In questo canto spicca una figura  di rilevante importanza che ci illustra la decadenza di Firenze dal punto di vista politico, Ciacco. Attraverso la figura di Ciacco, Dante vuole renderci partecipi del degrado dell’umanità immerso nel peccato della gola, che era particolarmente infamante, infatti, in quei tempi di carestia, chi si macchiava di questo crimine rischiava di essere indicato come una persona molto peccaminosa. Dante affida a Ciacco la condanna del degrado morale e politico della sua città, Firenze, e questo concetto viene già introdotto nei versi dove Ciacco dice “Riconoscimi, se sai: tu fosti, prima ch’io disfatto, fatto” e Dante risponde “l’angoscia che tu hai forse ti tira fuor della mia mente, si che non par ch’i’ ti vedessi mai”, chiaramente il sudiciume esteriore rappresenta la sporcizia interiore di Ciacco, ma allo stesso tempo anche il degrado morale e politico che investe la città. Dante è profondamente infastidito da come vanno le cose politiche ai suoi tempi soprattutto per il fatto che, quando scrive la Divina Commedia, si trova in esilio, mentre la sua opera è ambientata durante gli anni in cui lui ricopriva la carica di Priore, carica per la quale verrà accusato di concussione ed esiliato. Oltre settecento anni dopo non abbiamo un autore che scriva una Divina Commedia ambientata negli anni dell’Italia del 2015, ma il degrado polito e sociale è rimasto immutato nel corso dei secoli, come se l’inchiostro usato da Dante per redigere quei versi così famosi e cari al mondo, non possano cambiare la sorte a cui è destinato il Paese che lui tanto amava, e che lui stesso attaccherà nel sesto canto del Purgatorio.