sabato 6 febbraio 2016

Il folle volo di Ulisse


La Divina Commedia, come tutti sanno, è un’opera dantesca molto famosa e ricca di significati espliciti ed impliciti, letterali ed allegorici. Una parte densa di significato è l’arrivo di Dante nell’ottavo cerchio dell’Inferno, dove incontra Ulisse. L’eroe troiano racconta del suo ultimo viaggio, che lo portò oltre i confini della terre conosciute e verso la morte (secondo la versione ovidiana considerata da Dante). Il motivo per il quale Ulisse intraprese nuovamente le vie del mare fu la sete di conoscenza.  Egli si rivolse al suo equipaggio, infatti, così dicendo

O frati, dissi, che per cento milia perigli siete giunti a l’Occidente, a questa tanto picciola vigilia d’i nostri sensi ch’è del rimanente, non vogliate negar l’esperienza di retro al sol, del mondo sanza gente. Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza

Con queste parole Dante vuole farci capire la differenza tra l’uomo e gli animali: la voglia di conoscere, che dovrebbe ispirare tutte le persone ed essere da modello, l’intelligenza per capire il mondo e la curiosità per spingersi oltre i limiti del sapere. L’audacia dell’eroe omerico è paragonata al volo di un uccello (gabbiano, airone, ecc…) che in totale libertà sorvola il mondo, lo osserva, lo scruta, ne subisce il fascino. Ulisse è un uomo audace, furbo, ma soprattutto curioso; è proprio questa curiositas che ci fa umani e che ci spinge ad andare, sempre e comunque, oltre i limiti mentali, attivando sia la capacità esplorativa che quella, in certi casi, immaginifica.
Masala Camilla



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