Ogni
giorno nel castello era festa, tra balli in maschera, musica, ballerini, e
tutti erano inconsapevoli di un futuro non molto lontano, una sensazione, un
desiderio, un irrefrenabile istinto avrebbe preso, presto tutti loro.
Ogni
giorno si organizzavano feste su feste e l’intrattenimento era tanto da esser
nullo, c’era sempre meno empatia verso la festa, persino i giullari ch’erano
“gli ultimi a morire” non riuscivano più ad intrattenere come prima. Tutti i
don Giovanni e le dame non avevano più quel “focoso istinto”, la musica non
trascinava più nessuno.
L’unico
a divertirsi era il re che cercava di coinvolgere le dame nello spirito della
festa ma con scarsi risultati, allora tentò di trascinare chiunque, arrivando persino
a pagare gli ospiti purché fingessero di divertirsi. Finchè al re non rimase un’ultima, insana, opzione. I
fabbri erano gli unici a poter aprire i cancelli, anche se era stato in
precedenza impedito loro. Così eseguendo gli ordini, aprirono i cancelli
per fare in modo che il re potesse “reclutare” nuovi intrattenitori portando
via i precedenti. La festa divenne da piatta a inesistente e la tristezza
inondava il castello.
Come un’ombra, Noia si insinuava per tutte le
fessure, l’animo nel castello non poteva essere più cupo e piatto.
Passarono
gli anni e il re non si fece più vedere al castello e agli ospiti fu ormai
chiaro che era morto per colpa della pestilenza.
Quindi
invece del tanto atteso ritorno del re arrivò l’era di qualcun altro, un’ombra
più scura di Noia: Pazzia.
Essa
avanzava lentamente ma incessantemente, un’ombra più forte, si infilava
dappertutto, non poteva essere scacciata, il castello diventò un manicomio
senza via di fuga. Iniziarono i primi anonimi spargimenti di sangue e omicidi
ripugnanti. Gli assassini cominciarono a vestire i volti delle vittime. Venne
poi organizzato un ultimo ballo per abbassare la pressione e calmare le acque,
ma invano. Infatti gli assassini smascherati vennero rinchiusi nelle camere e
così arrivò un’altra era: quella del Terrore.
Terrore
fu più bravo di Pazzia, si insinuò nell’animo di ognuno di loro. Iniziarono
quindi i primi suicidi e dilagò nei loro cuori la paura di non poterne
uscire vivi. Pazzia liberò i prigionieri nelle camere e questi morirono uno ad
uno, i pazzi e i sani, chi per suicidio, chi per omicidio.
Si
aprirno così le porte ad una nuova e
ultima ombra: era quella di Morte, arrivò solenne senza bisogno di parlare:
scacciò le altre ombre e fece del castello la sua reggia.
Luca Gigli 3^B
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