venerdì 9 marzo 2018

Sulla nave di Ulisse




Sono sulla nave di Ulisse, il mare è calmo, da pochi giorni abbiamo abbandonato la città di Troia lasciandoci alle spalle la guerra e con il solo desiderio di ritornare a casa per riabbracciare le nostre famiglie. Sono riuscito a sopravvivere dieci anni grazie al nostro sovrano Ulisse che con la sua furbizia e intelligenza è riuscito a salvarci tutti durante questa lunga guerra. Ora sto navigando sul mare, calmo e sereno; vedo Ulisse parlare con alcuni dei miei compagni, ed anche lui non vede l’ora di riabbracciare la sua famiglia. È ormai pomeriggio, non ancora notte, ma si vede un tramonto color arancio, giallo e un po’ di violaceo qua e là. Tutti noi navigavamo con tanta fame e la stanchezza si fa sentire man mano che passava il tempo. Ad un certo punto sento una scia di vento sfiorarmi la pelle, un soffio di vento congelante, allora girandomi di scatto, sentì dietro di noi un forte gelo, perché l’acqua faceva una patina molto sottile che sembrava ghiaccio, allora mi misi a correre verso Ulisse per avvertirlo di quello che sta accadendo: -Ulisse, dietro di noi il mare calmo diventa ghiaccio, e con la paura che potrebbe nuocere, sono venuto ad informarla di quello che potrà succedere a voi, ma soprattutto a noi, che non abbiamo la vostra forza e la vostra resistenza.- Lui mi rispose subito: -Tranquillo, non mi sembra niente di così tenebroso, forse è meglio se ora facciamo anche una pausa per mangiare e riposarci per poi riprende il viaggio con lo stomaco pieno-. Allora io con più tranquillità mi rimetto al mio posto e continuo a remare. Stiamo navigando sul Mar Mediterraneo . Ulisse decide di fare una tappa, arriviamo in Tracia, la terra dei Ciconi, dove combattiamo contro il popolo. Dopo essere ripartiti, una grossa tempesta ci scaglia, insieme alla nave, nella terra dei Lotofagi, dove noi abbiamo mangiato un’erba che ci ha fatto dimentica la patria e il nostro Re, Ulisse, ci ha aiutato a ritornare alla nave e riprendere il viaggio. Successivamente  arriviamo in Italia, nella terra dei Ciclopi, lì, all’interno di una grotta,  incontriamo Polifemo, un grande ciclope che viveva in una grotta da solo. Entriamo nella grotta e non c’è nessuno, ci sono solo tante stalle vuote però. Dopo qualche minuto Ulisse ha sentito dei rumori e subito Polifemo entra nella grotta, fa rientrare tutte le caprette e le pecorelle nelle stalle e si mette a sedere. Accorto non si era accorto di noi, ma quando si gira verso la parete più buia della sua grotta ci vede, ha un solo occhio  enorme come tutto il suo corpo, e appena ci vede inizia ad urlarci, dicendoci cose un po’ brutte e ci insulta. Alcuni dei compagni, li prende, li squarta e se li mangia. Allora Ulisse, uomo molto furbo, gli viene in mente un’idea: all’interno della grotta c’è un tronco appuntito, e pensa: “se prepariamo del vino con l’uva che si trova sulle mensole e lo facciamo ubriacare, lo si addormenterà e poi lo accecheremo con quel bastone, così fece. La mattina seguente Polifemo, anche se non ci vede più, deve portare comunque fuori il gregge, allora Ulisse ci lega tutti sotto le pecore e appena usciti torniamo sulla nave e continuiamo il nostro viaggio. Facendo questo gesto Poseidone il dio del mare e padre di Polifemo si adira e ci ostacolo il viaggio. Poi abbiamo incontrato il dio dei venti, che ha consegnato ad Ulisse un’otre che  conteneva tutti i venti contrari alla navigazione; ma giunti quasi ad Itaca alcuni uomini dell’equipaggio compreso io, abbiamo aperto l’otre e scatenato una tempesta che ci porta lontani da Itaca. A questo punto ho pensato che nemmeno io ce l’avrei fatta a sopravvivere ma stavo lottando per riuscirci e infatti fu così, infatti se fossi morto come gli altri non sarei qui a descrivere questa indimenticabile avventura con il nostro Re Ulisse e tutti i miei compagni che purtroppo non ce l’hanno fatta.

Di Alice Pagliarini I B


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