A
un metro da te
è
il titolo del romanzo scritto da Rachael
Lippincott
insieme
ai due sceneggiatori,
Mikki
Daughtry
e
Tobias
Iaconis. I
protagonisti sono le teen
star Cole Sprouse e Haley Lu Richardson,
nei panni di Will
e Stella,
due malati
di fibrosi
cistica
che
si innamorano a prima vista, ma a causa della loro malattia, dovranno
mantenersi ad una distanza
minima di un metro.
La
storia è quella di un
amore romantico e drammatico,
ostacolato dalla malattia che tiene i due protagonisti molto lontani,
privati
di qualsiasi contatto
fisico
che
possa spezzare la cura sperimentale che stanno seguendo. La malattia
li costringe a restare sempre a una distanza
di sicurezza di un metro e mezzo,
per non rischiare di trasmettersi tra loro batteri che potrebbero
essere letali, e questo rende tutto molto complicato.
Attraverso
gli sguardi, i sorrisi e un amore
profondo e totale come solo quello
di
due adolescenti può essere,
Will e Stella riusciranno a farsi forza e ad avvicinarsi emotivamente
l’uno all’altro infondendosi coraggio a vicenda in questo lungo
percorso e trovando finalmente qualcosa che gli dia la spinta giusta
per voler
guarire e tornare a vivere.
Adesso
vi parliamo un po' del film:
A
Stella piace avere il controllo su tutto, visto che da quando è
bambina è costretta a entrare e uscire dall'ospedale per colpa della
fibriosi cistica, lei però è determinata a tenere testa alla sua
malattia. C'è una sola regola fra lei e il mondo: “MANTENERE LA
DISTANZA DI SICUREZZA”. Ma incontra un ragazzo di nome Will. Will è
esattamente tutto ciò
da cui Stella dovrebbe stare alla larga. Se solo lui le si
avvicinasse troppo, infatti, lei potrebbe veder sfumare la
possibilità di ricevere dei polmoni nuovi. Anzi, potrebbero
rischiare la vita entrambi. Però, più imparano a conoscersi, più
quella “distanza di sicurezza” inizia ad assomigliare a “una
punizione”, che nessuno dei due si è meritato. A
un metro da te,
anche se con un finale abbastanza prevedibile, regala momenti
divertenti ed emotivi. Con Stella e Will comprendiamo che quando
siamo costretti ad isolarci ed allontanarci è proprio in quel
momento che abbiamo più bisogno del contatto fisico, come dell’aria
che respiriamo per vivere.
Loro credono nell’amore e credono che possa sopravvivere anche alla “distanza”, ma l’attesa della morte rimane e colpisce, ed è sempre un colpo basso.
Loro credono nell’amore e credono che possa sopravvivere anche alla “distanza”, ma l’attesa della morte rimane e colpisce, ed è sempre un colpo basso.
Diana
Jakupi e Noemi Pittiglio